Baluardo in Italia dei robot componibili negli anni ’80, Daltanious è una serie Toei del 1979 firmata da Saburō Yatsude, pseudonimo dietro il quale si cela lo staff creativo Toei Animation, che dona una nuova variante al filone dei Mecha componibili.
Daltanious è una serie che ha goduto di una discreta popolarità da subito in Italia, sin dai tempi della primissima programmazione. Un po’ per il riuscito design del robot, un po’ per il giusto cocktail di elementi tra storia e personaggi divertenti, ma con un background drammatico in grado di coinvolgere lo spettatore.
Daltanious è una serie che rientra nella tradizione ormai consolidata dei robot giganti made in Toei. La sua messa in onda italiana nel 1981 ha anticipato diversi suoi predecessori della stessa scuderia. La genesi di Daltanious infatti è successiva rispetto a quella di altri robot giganti componibili con più piloti come Combattler V (1976) e Vultus V (1977), entrambe produzioni Toei in collaborazione con la Sunrise, la casa di produzione di Zambot 3 e Daitarn 3 ai tempi Nippon Sunrise.
È da sottolineare inoltre che il primo robot componibile multi-pilota, Getter Robot, è proprio una produzione Toei.
La particolarità del robot Daltanious sta nel fatto che i tre componenti che lo costituiscono sono tre “veicoli” di tipologia completamente diversa e solo due di questi hanno un pilota: il robot umanoide Antares (Atlaus in originale) e il velivolo corazzato Gumper (Gunper). Il terzo mecha, ed è questo il più atipico, è il gigantesco Beralios, leone robotico senza pilota ma governato da una sorta di intelligenza artificiale che gli permette di agire autonomamente e di combattere in sinergia con gli altri mecha.
Il design ed il nome di Daltanious sono ispirati alla figura di D’Artagnan, il personaggio dei romanzi sui moschiettieri di Dumas.
Come accade per le serie robotiche della seconda metà degli anni ’70, Daltanious ha un suo colpo finale. Una volta combinato, estrae dalla bocca di Beralios che va a formare il petto del robot una spada fatta di fiamme e la usa per tagliare in quatto parti il nemico. Nella versione italiana il grido finale è “Daltanious vince!“, mentre nell’originale il nome dl colpo è “Flame Jyuumon Giri“, ovvero “Taglio a croce infuocato“.
La “Spada infuocata”, l’arma finale di ogni combattimento.
Ma Daltanious non è fatto solo di zuffe robotiche e tecnologia fantastica, una cosa che caratterizza la serie, e che è ottimamente resa anche grazie al vissuto degli autori giapponesi che da bambini hanno assistito in prima persona agli esiti sul territorio del secondo conflitto mondiale, è la descrizione di quello che rimane delle città trasformate in campi di battaglia, della povertà di risorse che restano ai sopravvissuti e degli orfani lasciati dalla guerra.
La storia di Daltanious si apre infatti ad invasione aliena avvenuta ed i protagonisti sono un gruppo di giovani orfani che vivono di furti ed espedienti in uno scenario fatto di fame, miseria, baraccopoli e città distrutte.
Grande spunto di riflessione poi è dato dal tema della segregazione “raziale”, tematica sviluppata e metaforizzata nella figura dei biodroidi: uomini artificiali creati per esseri schiavizzati e sfruttati dalla popolazione in un lontano impero alieno. Elemento della storia che getta ombre anche sull’origine dei “buoni” della serie e sui motivi che hanno portato alla dissoluzione di un impero galattico e alle successive invasioni ad opera degli Akron.
Alla direzione della serie c’è stato Tadao Nagahama, veterano di serie robotiche e già regista per la Toei di Combattler V nel 1976, di Vultus 5 nel 1977 e General Daimos 1978.
Nagahama, che tra le altre cose ha lavorato anche in serie non robotiche ormai storiche come Tommy, la stella dei Giants (1968), Io sono Teppei (1977) e Lady Oscar (1979), ha contribuito non poco a definire il carattere dell’opera dando la propria impronta a questa serie che è stata una delle sue ultime regie prima della prematura scomparsa nel 1980.