Progetti avanguardisti e flop clamorosi hanno caratterizzato la simbiosi tra digitale e realtà fisica, ma la certezza è che gli occhiali smart saranno gli eredi dello smartphone.
Cosa ci sarà dopo lo smartphone? Sembra una domanda banale, invece è l’interrogativo che aleggia da tempo in Silicon Valley, perché molto ruota attorno l’erede del nostro telecomando personale. Nell’ombelico del mondo dell’innovazione quasi tutti sono arrivati alla stessa risposta: dopo i telefoni ci saranno gli occhiali al centro della scena. Perché tanta sicurezza? Questione di fiuto ed evoluzione, perché se il computer è stata la risposta alla necessità di immagazzinare informazioni e lo smartphone il rimedio alla necessità di facilitare e velocizzare la comunicazione, il futuro dell’informatica sarà esperienziale.
Che significa vivere momenti, professioni, programmi di studio, tempo libero e gran parte degli aspetti della quotidianità in modo inedito rispetto al passato, grazie a informazioni in arrivo dall’esterno che vanno ad arricchire la nostra percezione sensoriale. Si tratta della realtà aumentata, con la sovrapposizione di elementi digitali a quelli reali che consente l’incontro tra due mondi considerati e fruiti finora in maniera separata e opposta (pensiamo alla missione dei social network di portarci e farci restare più tempo possibile in una piazza virtuale a discapito del mondo reale). In questo caso, invece, le due facce della medaglia si integrano per moltiplicare i benefici in ambito pratico, semplificando i servizi e offrendo un ventaglio di applicazioni potenzialmente indefinito, legato alle capacità e alla fantasia degli sviluppatori.
Realtà aumentata ≠ realtà virtuale
L’impennata delle quotazioni della realtà aumentata si lega alle perplessità verso la realtà virtuale. Troppo spesso abbinate tra loro, queste due tecnologie non sono solo diverse ma quasi antitetiche. Se l’una si fonda sull’immersione totale in un ambiente artificiale creato ad hoc per ricalcare la realtà, l’altra dipende dalla realtà fisica, che tocchiamo con mano. Se l’una tende a isolare l’utente, l’altra mira a migliorare le interazioni con gli altri incrementando le informazioni fornite in tempo reale. Se una tende sul lungo periodo a impattare negativamente a livello sensoriale (nausea ed emicrania sono ancora due disturbi abbastanza diffusi dopo sessioni prolungate per chi si avvicina ai visori VR), l’altra aiuta ad abbattere barriere generando un’influenza tendenzialmente positiva (pensiamo alla traduzione istantanea che appare davanti agli occhi mentre si parla con una persona di un idioma diverso dal nostro).
Per quanto le grandi aziende e gli investimenti si siano focalizzati negli ultimi anni molto più sulla realtà virtuale, ancora confinata a poche convincenti applicazioni d’uso al di là del gaming, la realtà aumentata sta gradualmente guadagnando i favori del pubblico. O almeno di chi ha potuto provare dispositivi ed esperienze con cui si intuisce l’utilità della tecnologia. Rispetto alla necessità di distogliere lo sguardo dalla strada per visualizzare i suggerimenti del navigatore sullo schermo dello smartphone, poter contare su paio di occhiali leggeri e comodi che mentre si guida mostrano le indicazioni del percorso direttamente sul manto stradale di fronte a noi, determinerebbe un incremento del livello di sicurezza per guidatore, passeggeri e chi si trova nei dintorni. E questo è solo un esempio degli effetti prodotti dalla realtà aumentata.
Un aspetto singolare è che oggi tante persone ignorano che la realtà aumentata l’hanno già conosciuta e utilizzata più volte, perché non c’è altro dietro alle lenti e ai filtri per gli effetti creativi dei social network e delle applicazioni di messaggistica con cui trasformare il proprio volto e decorare le fotografie. Senza dimenticare il caso Pokemon Go e la clamorosa mania che nel luglio 2016 per molti mesi riempì le strade di agguerriti cacciatori di mostriciattoli. Al netto delle possibili implementazioni – con particolare riferimento a qualsiasi attività che passa da pianificazione e progettazione (quindi dalla scarpa su misura all’ufficio desiderato, la realtà aumentata permette di vedere la versione digitale prima del prodotto fisico, con i conseguenti vantaggi del caso, dai tempi di realizzazione al budget necessario) – la realtà aumentata non è ancora un fattore in grado di cambiare il corso degli eventi. Ha le potenzialità per riuscirci ma non ancora lo strumento ideale per farlo. Se il visore che recide il contatto con la materia intorno a noi è la chiave di volta della realtà virtuale, i più piccoli e sottili occhiali saranno la porta d’accesso per amplificare il nostro angolo visivo. Solo che siamo ancora in attesa del modello ideale, quello in grado di diventare oggetto di culto per la massa.
Fallimenti e modelli da seguire
La strada verso la meta è stata finora ricca di flop. Il primo è anche il più noto, perché i Google Glass erano stati presentati come simbolo di una rivoluzione ancora in divenire. Era il 2012 e con il primo sguardo al concept messo a punto a Mountain View la realtà aumentata sembrava già tra noi. Un decennio fa, però, non c’era l’attuale grandezza numerica e qualitativa delle applicazioni, non c’era un ambito d’uso concreto tramite cui dimostrare la rottura col passato di un dispositivo promettente ma acerbo, anche per i disturbi psico-fisici che colpivano chi indossava gli occhiali, lanciati a un prezzo fin troppo elevato (1.500 dollari per gli sviluppatori) rispetto al mancato vantaggio pratico nell’indossarli. Aspetto, quest’ultimo, che all’epoca impattava anche sul fronte estetico, poiché come per orologi, borse e gli altri accessori che si sfoggiano e sono soggetti al giudizio altrui, anche gli occhiali smart devono presentarsi con forme e dimensioni tanto belle quanto convincenti.
Le scintillanti promesse si sono rapidamente sgonfiate anche con Magic Leap, startup nata in Florida e capace di attirare più di 2,5 miliardi di dollari (anche la stessa Google era tra i finanziatori) per sviluppare un visore AR in grado di creare immagini assai realistiche sulla retina grazie all’azione di mini proiettori laser. Entusiasmante sulla carta, un disastro all’atto pratico, perché l’effetto desiderato tale era rimasto anche dopo aver indossato Magic Leap One. Dopo l’inevitabile ondata di licenziamenti, come con i Google Glass, anche la seconda generazione del visore Magic Leap si è focalizzato nel campo aziendale, ritagliandosi un piccolo spazio come soluzione utile per la formazione dei neoassunti.
Un modello vincente è stato invece quello proposto da Palmer Luckey, il fondatore di Oculus che ha trasformato la passione per i vecchi caschi per la realtà virtuale in una azienda miliardaria. Realizzare un sistema tridimensionale che simulasse la realtà in cui immergersi mediante un visore inedito, sviluppato tramite quanto imparato studiando ingegneria e grafica da autodidatta, era l’obiettivo dell’allora ventenne californiano. Che tra una campagna crowdfunding e aiuti da alcuni grandi nomi del gaming e della programmazione (da Gabe Newell a John Carmack e Michael Abrash) è riuscito a conquistare Mark Zuckerberg e vendergli la società per 2 miliardi di dollari. Lo sviluppo dei visori non si è certo fermato con il passaggio sotto l’egida di Facebook prima e Meta poi, tanto che Oculus Quest 2, poi ribattezzato Meta Quest 2, ha venduto in meno di due anni più di 15 milioni di pezzi su scala globale. Pochi giorni fa l’elenco dei dispositivi per la realtà virtuale è stato aggiornato con il lancio di Meta Quest Pro, headset di fascia alta che integra il tracking degli occhi e delle espressioni facciali per aiutare l’avatar a rispecchiare in maniera più naturale la fisicità delle persone. Con il visore, venduto in un kit da 1.799,99 euro che include controller, punte dello stilo, inserti per bloccare parzialmente la luce e il dock di ricarica, stanno per arrivare nuovi titoli come The Walking Dead: Saints & Sinners – Chapter 2: Retribution, GTA: San Andreas VR e Ghostbusters VR, destinati ad ampliare l’interesse verso la realtà virtuale e Meta Quest 2.
Una delle soluzioni più efficaci per sfruttare al meglio la realtà aumentata sono gli HoloLens di Microsoft, legati alla piattaforma Windows Mixed Reality. Con la seconda generazione e le applicazioni sviluppate in ambito professionale sono entrati in molte aziende. Dotati di 4 telecamere per il tracciamento della testa e 2 camere a raggi infrarossi che seguono gli occhi, hanno un sensore di profondità a tempo di volo da 1 MP e integrano accelerometro, giroscopio e magnetometro. Al gruppo di microfoni a 5 canali uniscono l’audio spaziale percepito a 360 gradi, la mappatura dell’ambiente in tempo reale, il controllo vocale e la sicurezza tramite il riconoscimento dell’iride legato a Windows Hello. Anima del dispositivo è il chip Qualcomm Snapdragon 850, con 4GB di memoria LPDDR4x, storage da 64GB, Bluetooth e Wi-Fi 5. Si possono indossare anche sopra agli occhiali da vista, pesano 566 grammi, hanno un’autonomia di circa 3 ore e contano sul sistema operativo Windows Holographic.
Le specifiche tecniche insieme a portabilità e semplicità d’uso di un dispositivo che permette di lavorare senza utilizzare le mani ha consentito a Microsoft di focalizzare lo sviluppo degli HoloLens in campo aziendale, con un impatto tangibile in almeno tre aree. In ambito produttivo permettono di velocizzare l’apprendimento dei dipendenti, riducendo i tempi di inattività, a livello ingegneristico e costruttivo sono un rimedio per identificare in maniera preliminare i rischi e convalidare i progetti con un alto tasso di precisione, mentre nel settore sanitario agevolano medici e pazienti, permettendo ai primi di agire anche da remoto e ai secondi di ricevere un’assistenza più immediata ed efficace rispetto ai sistemi tradizionali. Per completare l’opera avviata sul lato business, Microsoft ha più volte confermato l’arrivo di un modello per il mercato consumer, annuncio però mai arrivato e messo in dubbio dai vari accordi chiusi dalla società guidata da Satya Nadella, che pochi giorni fa ha annunciato l’intesa con Meta per portare Teams, Windows 365 e Xbox Cloud Gaming sui visori Quest 2 e Quest Pro.
Occhio a Meta (e Apple)
Nell’analizzare quali potranno essere le prossime novità per la realtà aumentata bisogna guardare anche in casa Meta, protagonista di una delle partnership più intriganti per il futuro del mercato AR. L’insistenza di Zuckerberg è stata ripagata dall’accordo con EssilorLuxottica, che va ben oltre i Ray-Ban Stories. Gli occhiali annunciati nell’autunno del 2021 non hanno acceso un grande interesse del pubblico poiché sono nati già vecchi, superati dall’evoluzione della tecnologia. Di occhiali per regalarsi foto e brevi clip, ascoltare canzoni e parlare al telefono se n’erano già visti tanti, ma l’esperimento è stato comunque utile per coniugare progetti e ricerche delle due società e per capovolgere l’approccio di settore: non più un dispositivo da adattare alla tecnologia, bensì la tecnologia da adattare a occhiali pressoché identici per forme e dimensioni ai tradizionali Ray-Ban.
“Stiamo collaborando con i centri di ricerca di Menlo Park sulla realtà aumentata” ha detto Federico Buffa, a capo della divisione R&D dell’azienda italo-francese. Non sono parole di circostanza, perché l’obiettivo è mettere insieme l’aspetto tecnologico con la portabilità e l’estetica, fattori indispensabili per arrivare all’agognato occhiale smart AR (passando per la miniaturizzazione dei componenti). Lo sviluppo passerà anche dell’Italia, per la precisione dallo Smart Eyewear Lab creato da EssilorLuxottica e Politecnico di Milano, con l’investimento di 50 milioni di euro per focalizzare lo studio su tre aree: eye tracking, sensori e algoritmi per adeguare il dispositivo all’ambiente circostante, infine le modalità più efficaci per l’integrazione digitale-realtà fisica, che si ritroverà in riunioni e concerti virtuali.
Piazzando lo sguardo sul presente, c’è un’azienda che ha creato sia l’hardware che il software per la diffusione della realtà aumentata. Si tratta di Snap, la prima a lanciare le Stories poi copiate da tutti gli altri social network, ma pure la prima a presentare la quarta generazione di occhiali per la realtà aumentata. Diversamente dalle tre occasioni precedenti, gli Spectacles 4 non sono stati messi in vendita ma limitati agli sviluppatori, al fine di creare più avanti uno storie di applicazioni per sfruttare a più ampio raggio gli effetti della realtà aumentata. La base di partenza è promettente perché gli occhiali pesano 134 grammi, contano su due fotocamere, quattro microfoni e un campo visivo diagonale di 26,3 gradi su cui sovrapporre le lenti AR immersive all’ambiente circostante (con una latenza di 15 millisecondi tra movimento e vista). E al di là del design cyberpunk, l’ingombro degli occhiali è minimo, come pure lo spessore, denotando un aspetto estetico decisamente più gradevole di visori e occhiali apparsi finora. Il limite sta nelle poche app e funzionalità disponibili, lacuna destinata a colmarsi nel tempo, a patto di migliorare l’autonomia ridotta a soli 20-25 minuti. Un nodo cruciale da sciogliere in tempi brevi per un dispositivo da utilizzare in diversi momenti della giornata.
Che la realtà aumentata sia la prossima tecnologia al centro della scena lo testimonia anche l’imminente ingresso nel settore di Apple, nota per sintetizzare al meglio le innovazioni in prodotti capaci di conquistare la massa. A rafforzare la tesi c’è anche l’esigenza di Tim Cook, il Ceo di Apple che a 61 anni e la pensione che si avvicina, vuole lasciare il segno nella storia dell’azienda anche in chiave produttiva, dopo aver rivoluzionato la catena di distribuzione (facendo impennare i profitti) e aver messo tra le priorità del gruppo l’importanza della protezione dei dati personali e della tutela ambientale. Contrario all’isolamento generato dalla realtà virtuale, bocciata per “non essere la via migliore per comunicare con le persone”, l’amministratore delegato della Mela è un fautore della realtà aumentata: “In futuro ci chiederemo come abbiamo fatto a vivere senza” ha detto nella recente visita in Italia, aggiungendo che l’AR ha il potenziale per influenzare e disegnare nuovi approcci e modalità d’uso in tanti settori differenti.
Dopo la querelle sulla privacy, la diatriba tra realtà aumentata e realtà virtuale sarà un nuovo banco di sfida tra Apple e Meta, come dimostrano le frecciate inviate al rivale sia da Zuckerberg, sia da Cook. Nonostante i ripetuti rinvii rispetto ai rumors condivisi dagli analisti, il 2023 sembra che sarà l’anno in cui Apple lancerà il suo primo visore per la realtà mista, anche se la meta è più lontana. Il piano studiato a Cupertino prevede infatti tre step: un dispositivo per la realtà virtuale per il gaming entro il primo semestre del prossimo anno, un visore AR più economico del primo fissato per il 2024 e i primi occhiali smart per la realtà aumentata nel 2025.
Alessio Caprodossi per Zampediverse | Giornalista freelance, esperto di tecnologia e sport, consulente comunicazione per aziende e progetti editoriali, collabora con testate italiane e internazionali come Panorama, Mashable, Wired, StartupItali, Panorama, Mashable, Wired, StartupItalia, 4i-Mag.a, 4i-Mag.