È da quando sono ragazzino che lo penso.
L’Italia più che da ogni altra cosa è stata unita da due momenti. Dal Giro d’Italia e dal Festival di Sanremo.
Di quando ci si incontrava e ci si raccoglieva intorno a una televisione o prima ancora a una radio per ascoltare, emozionarsi, immaginare, tifare e pure litigare, perché no?
Biciclette e musica per sentirsi parte di un tutto, per sentirsi esattamente simili dal primo abitante del Trentino all’ultimo della Sicilia.
E poi c’è Sanremo oggi. Qui e ora, intendo. Qui dove tutti si guardano e mi guardano con la tipica espressione da: dov’è che ci siamo già visti? E poi dicono Vabbè ci vediamo a casa Sanremo.
Sanremo è menomale che c’è Sanremo degli albergatori e dei fiorai. Sanremo è La grande bellezza, senza Tevere ma col mare incazzato e gente vestita ancor peggio di Jep Gambardella.
Sanremo è polemiche, sacro e profano, palco e politica che si fondono. Sanremo è inutili note di gossip, i cachet milionari e tanti altri luoghi comuni.
Sanremo è io tanto non me lo vedo. E pure chi non lo vede, nel non farlo vi partecipa.
Perché Sanremo forse non è Sanremo, ma un pezzetto di tutti noi sì, lo è.